- Oria (Puglia)
San Barsanofio, noto come il 'grande anziano', conduceva una vita talmente austera che si dice non mangiasse né parlasse per lunghi periodi. La sua immagine fu collocata nella chiesa di Santa Sofia a Costantinopoli accanto a quelle di Sant'Antonio e Sant'Efrem, a testimonianza della grande venerazione di cui godeva. Le sue reliquie furono trasportate a Oria (Brindisi) nell'850 da un monaco palestinese.
San Barsanofio è una delle figure più affascinanti del monachesimo orientale, nonostante la sua vita sia avvolta nel mistero e le informazioni su di lui siano frammentarie. Nato in Egitto intorno alla metà del V secolo, scelse di abbandonare la sua terra natale per trasferirsi in Palestina, dove la sua vita spirituale raggiunse vette di straordinaria intensità.
Dalla solitudine alla guida spirituale
Giunto in Palestina, Barsanofio entrò in un monastero nei pressi di Gaza, fondato alla fine del V secolo da un monaco di nome Serido. La sua ricerca di Dio lo spinse ben presto a una scelta ancora più radicale: si ritirò in totale solitudine in una cella isolata, mantenendo comunque un legame con la comunità monastica.
La sua vita eremitica era caratterizzata da un'austerità impressionante. Le fonti riportano che conduceva un'esistenza così rigorosa che per lunghi periodi sembrava non assumere cibo né parlare con nessuno. Questo stile di vita, unito alla profondità della sua esperienza spirituale, lo rese celebre in tutta la regione con l'appellativo di "il grande anziano", termine che nell'ambiente monastico non indicava tanto l'età anagrafica quanto la maturità spirituale.
Nonostante il suo amore per la solitudine, la fama della sua saggezza si diffuse rapidamente, attirando persone di ogni estrazione sociale che cercavano il suo consiglio. Barsanofio, però, aveva fatto una scelta singolare: si rifiutava di comunicare direttamente con i visitatori. Le domande e le richieste di consiglio venivano presentate al monaco Serido, che fungeva da intermediario, e Barsanofio rispondeva per iscritto.
Un patrimonio spirituale tramandato nei secoli
Quando le richieste divennero troppo numerose, un altro eremita che viveva nelle vicinanze, Giovanni di Gaza (detto "il Profeta"), iniziò a collaborare con Barsanofio, rispondendo anch'egli alle domande dei visitatori. È proprio grazie a questo scambio epistolare che la figura di Barsanofio ha attraversato i secoli, lasciando un'impronta indelebile nella spiritualità cristiana orientale.
Sono giunte fino a noi circa 850 lettere che costituiscono un documento di straordinario valore per comprendere la spiritualità monastica del VI secolo. Sebbene solo la metà di queste lettere sia attribuibile con certezza a Barsanofio (le altre furono scritte da Giovanni), l'insieme forma un corpus coerente e unitario, poiché i due eremiti condividevano sostanzialmente la stessa visione spirituale.
La peculiarità di questo epistolario risiede nella capacità di fornire risposte concrete a problemi specifici, evitando generalizzazioni vaghe. Le lettere affrontano questioni che spaziano dalle tentazioni quotidiane alle più profonde inquietudini spirituali, offrendo sempre consigli pratici radicati nella Sacra Scrittura e nella tradizione dei Padri del deserto.
Una spiritualità dell'umiltà e dell'obbedienza
Il messaggio centrale dell'insegnamento di Barsanofio ruota attorno a pochi concetti fondamentali. La preghiera è considerata l'asse portante di tutto il cammino spirituale, non come pratica isolata ma come atteggiamento costante che deve permeare ogni attività quotidiana. Barsanofio insegnava a sviluppare la consapevolezza continua della presenza di Dio, anche durante le occupazioni più ordinarie.
Un altro punto cardine del suo insegnamento era l'importanza dell'esame di coscienza quotidiano e della direzione spirituale. Barsanofio riteneva essenziale che ogni monaco condividesse onestamente i propri pensieri con una guida spirituale, come via privilegiata per crescere nell'umiltà e nell'abbandono al volere divino.
Le virtù più importanti nella visione di Barsanofio erano l'umiltà e l'obbedienza. In una delle sue lettere più celebri scrive: "L'obbedienza è questo: non essere liberi di decidere da se stessi. Cosa può essere più prezioso dell'anima, quando il Salvatore ha detto che vale più del mondo intero? Se poi l'hai posta nelle mani di Dio e dei tuoi padri spirituali, perché esiti nel consegnare loro ciò che è meno importante? [...] Chi è vero discepolo obbedisce al suo abate anche nella morte".
Un'eredità che attraversa i secoli
San Barsanofio morì in tarda età, probabilmente intorno al 540, ma la sua influenza sulla spiritualità monastica orientale fu duratura e profonda. La Chiesa greca lo tenne in tale considerazione da collocare la sua icona tra quelle di Sant'Efrem e Sant'Antonio nella chiesa di Santa Sofia a Costantinopoli, accanto ai più grandi santi del monachesimo orientale.
Il suo insegnamento spirituale influenzò notevolmente scrittori e maestri spirituali successivi, tra cui San Doroteo il Giovane, San Dositeo, San Teodoro Studita e San Giovanni Climaco, autore della celebre "Scala del Paradiso".
Intorno all'850, le reliquie di San Barsanofio furono trasportate da un monaco palestinese a Oria, in provincia di Brindisi, e collocate dal vescovo Teodosio presso la porta della città in un'antica basilica. Dopo che questa fu distrutta dai Saraceni, le reliquie andarono perdute per molto tempo, finché furono ritrovate e trasferite nella cattedrale di Oria, dove sono tuttora conservate e venerate.
La Chiesa orientale festeggia San Barsanofio il 6 febbraio, mentre nel Martirologio Romano è commemorato l'11 aprile. Nella diocesi di Oria, la sua memoria è celebrata il 20 febbraio e il 29-30 agosto.
L'eredità più preziosa di San Barsanofio rimane il suo insegnamento, caratterizzato da un raro equilibrio tra rigore ascetico e comprensione della fragilità umana, tra solitudine contemplativa e apertura ai bisogni spirituali del prossimo. Un santo che, pur vivendo recluso, ha saputo parlare al cuore di generazioni di credenti attraverso parole di sapienza che conservano intatta la loro attualità.